Les rails de la mémoire
- Erika Di Felice

- 27 ott
- Tempo di lettura: 3 min
C’è un aneddoto di Philippe Daverio che mi torna in mente ogni volta che vengo chiamata ad intervenire in pubblico su un argomento: lui raccontava che quando doveva scrivere o tenere un incontro su qualcosa iniziava a vagare per casa – e casa sua, stando al suo racconto, era disseminata di libri su tutte le pareti e perfino a terra – fino a quando la sua attenzione non veniva catturata dal dorso di qualche volume. Al che lui lo apriva, lo sfogliava, e, come in una specie di benedetta coincidenza, si materializzava sotto ai suoi occhi proprio quello di cui aveva bisogno per imbastire il discorso.
Succede anche a me.
Questa settimana parteciperò insieme ad altri colleghi ad un incontro con i ragazzi di un istituto tecnico sulla cosiddetta “mobilità dolce”, sui progetti realizzati e su quanto c’è ancora da fare, e mi chiedevo cosa poter aggiungere ai vari tecnicismi per elevare un po' il discorso – insomma, non di solo pane vive l’uomo – e questa domanda mi è rimasta in testa fino a quando non ho trovato nella cassetta della posta il mio numero di ottobre di Domus, dedicato al Riciclo [la linea editoriale di quest’anno di Bjarke Ingels è dedicata ai materiali da costruzione, ai quali viene dedicato mensilmente un numero monotematico, ndr].
Sono, infatti, numerosi gli esempi di piste ciclabili realizzate sul sedime di tracciati ferroviari dismessi – noi in Abruzzo abbiamo la Via Verde e ci apprestiamo a vedere la nascita di Binaria - ma cosa avviene di tutto il materiale esistente nel caso in cui i binari non vengano inglobati nel nuovo pacchetto della pista? E, soprattutto, come un materiale di scarto può non essere considerato semplicemente qualcosa da smaltire ma diventare portatore di senso?
L’ho capito leggendo del progetto per il memoriale della Shoah Les rails de la mémoire a Lione di BBS – Blaising Borchardt Studio, inaugurato nel 2025, dove il recupero degli elementi della vecchia rete ferroviaria è diventato un vero e proprio racconto materiale della deportazione della Seconda guerra mondiale.

Blaising Borchardt Studio, Les Rails de la mémoire, 2025. Foto tratta da <www.memorialshoahlyon.org>
Dice Paul Ricoeur, richiamando Aristotele, che «fare memoria è rendere presente l’assenza-cheè-stata» e che la memoria si rapporta al linguaggio nell’atto di dichiarare quello che è stato, ovvero “mettere in racconto” attraverso testimonianze e affermazioni, secondo il principio per cui nessuna cosa esiste se non nell’atto di usare la parola per dire che quella cosa esiste.
Quanto la narrazione possa rapportarsi all’architettura si può riassumere sostanzialmente in un’analogia: l’architettura circoscrive lo spazio come la narrazione circoscrive il tempo e, così come il testo ha la possibilità di rivelare significati ad un primo sguardo nascosti, così, nell’atto dell’abitare, un luogo viene “rifigurato”, riletto e riappreso continuamente.
E fare in modo che «l’esser-stato del passato sia salvaguardato nonostante il suo non-essere-più» è una prerogativa pienamente architettonica, che scolpisce nella pietra che dura – nel metallo, in questo caso, che viene spinto ad attingere a significati simbolici utilizzando uno degli elementi della metrica dell’architettura: la dimensione (l’opera ha dimensioni analoghe a quelle di uno dei convogli di deportazione e lo sviluppo lineare dei binari che la costituiscono è pari a un millesimo della distanza tra Lione e Auschwitz).
Intendere un luogo di memoria, per tornare a Ricoeur, significa tener conto di tutte le memorie delle epoche differenti conservate nei luoghi e questo concetto è pienamente espresso da BBS – Blaising Borchardt Studio: «l’acciaio invecchiato diventa un archivio più potente perché ha resistito al tempo. A ogni elemento è stato assegnato un nuovo ruolo: la rotaia è la linea espressiva del memoriale, la traversina è reimmaginata come arredo e pavimentazione, mentre la massicciata definisce una soglia, segnando il passaggio da uno spazio pubblico all’aperto a uno solenne dedicato alla memoria collettiva».
Ecco, quindi, ai ragazzi, che approcciano lo spazio e le cose attraverso le loro idee tanto quanto attraverso le loro percezioni, racconterò sì che il pacchetto della pista ciclabile è stratificato in un certo modo, ma anche che Paul Ricoeur diceva che «le nostre città alternano la gloria e l’illuminazione, la vita e la morte, gli eventi fondatori più violenti e la dolcezza di vivere».
Soprattutto la dolcezza di vivere.
Tutte le citazioni di Paul Ricoeur sono tratte da Leggere la città: Quattro testi di Paul Ricoeur, a cura di F. Riva, Castelvecchi editore, Roma 2013, mentre lo stralcio di BBS – Blaising Borchardt Studio è tratto da Domus n. 1105 di Ottobre 2025.


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